Giacomo Salerno
ROMA — Il duro scontro in Aula (che i protagonisti definiscono «un battibecco») tra Fabrizio Cicchitto e Ignazio La Russa — centravanti l'uno della squadra delle colombe, l'altro di quella dei falchi —, è solo la punta dell'iceberg.
I due ieri mattina, davanti ai colleghi imbarazzati, hanno litigato fino agli insulti per una questione minore come la sanatoria sui manifesti abusivi dei partiti, che è stata avversata da Monti tanto da far desistere anche il Pdl dal sostenerla: «Tu sei succube di questi del governo, ti fai passare le cose sotto il naso!», l'accusa di La Russa, subito rintuzzata da Cicchitto, secondo il quale se non si fosse agito così sarebbe stato impossibile eliminare l'aggravio di contributi già previsti per i lavoratori autonomi.
Ma al di là del merito della questione (a La Russa non è piaciuto nemmeno come è stato gestito il voto sulle mozioni Ue), la lite pubblica la dice lunga sul clima nel Pdl.
Un partito terrorizzato, spaccato tra chi vorrebbe andare al voto subito, chi trova la mossa irresponsabile, tra chi punta ancora sull'alleanza con la Lega e chi già guarda a un Ppe italiano con il Pdl nucleo centrale, alleato all'Udc e allargato a esponenti del governo come Passera, chi infine — se ne è parlato ieri notte al vertice — non esclude nemmeno un patto con il Pd anche alle amministrative.
A unire il partito oggi c'è solo il panico proprio per le prossime amministrative, che rischiano di diventare «la nostra Caporetto» come dice un ex an spiegando che «dai nostri sondaggi, su 28 capoluoghi di Provincia oggi ne perderemmo 23».
E in questo clima prendono corpo anche i peggiori fantasmi. Il più pericoloso è quello di una scissione tra la componente de-gli ex an (a parte Gasparri, i più duri nei confronti del governo) e il resto del partito, e ieri a confermare l'agitazione sono girati sondaggi commissionati «dai vertici del Pdl» in cui, testati come due partiti separati, l'ex An otterrebbe il 6% e l'ex Fi il 25%.
«Non siamo pazzi, nessuno di noi ci pensa!», smentisce Altero Matteoli, mentre La Russa giura che «non sono io il più arrabbiato, in tanti pensiamo che o il governo si decide a trattarci come si deve, e la smette di martellare per decreto avvocati e tassisti e agire solo con disegni di legge sul mercato del lavoro, oppure ognun per sé...».
La tentazione di staccare la spina a un governo che viene percepito come lontano, disinteressato se non ostile è insomma sempre più forte, «e se perdiamo amen, faremo opposizione e fra tre anni torneremmo noi al governo» dicono i più agguerriti, non ultimi big come Verdini, Brunetta, Romani.
Sapendo però che sarà «difficilissimo» ottenere le elezioni.
Per spegnere le micce sotto Palazzo Chigi — che stanno mettendo in grande difficoltà Angelino Alfano — è dovuto intervenire ieri Berlusconi: prima in pubblico e poi a cena con i vertici del partito in subbuglio il Cavaliere ha ribadito che una crisi oggi sarebbe «da irresponsabili» e, assicura Paolo Bonaiuti, «è questa la nostra linea».
In verità, chi parla quotidianamente con l'ex premier non ci giura.
Per ora le telefonate da Berlino di Alfano e Frattini che gli assicuravano che «la Merkel ci ha detto che tu presidente passerai alla storia come il politico che ha permesso la democrazia dell'alternanza in Italia», nonché i consigli dei moderati come Fitto, Cicchitto, Quagliariello, Gelmini e naturalmente Letta, secondo i quali «non possiamo obbedire agli ordini di Bossi, saremmo finiti», hanno funzionato: Berlusconi ieri è apparso convinto che per ora si debba mantenere l'appoggio a Monti, anche perché un accentuarsi della crisi con il voto anticipato non solo «sarebbe data in carico a noi», ma travolgerebbe anche le aziende di famiglia. Ma nulla è scontato:
la possibile condanna al processo Mills, lo scontro tra le anime del partito (in agitazione anche per i congressi locali), potrebbero aprire altri scenari.
Per questo «adesso dobbiamo temporeggiare — dice una convinta "colomba" —. Se riusciamo ad arrivare a marzo, quando si chiuderà la finestra per il voto anticipato, per il Pdl inizia una storia tutta nuova».
Paola Di Caro, Il Corriere della Sera
venerdì 27 gennaio 2012
PDL, UN PARTITO ALLA DERIVA
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