sabato 12 febbraio 2011


Trapelano dalle segrete stanze di Palazzo Grazioli, frequentate a giorni alterni da escort e ministri (ieri toccava ai ministri), progetti di stampo golpista per bloccare la pubblicazione degli atti sull’inchiesta Ruby depositate dalla Procura di Milano, e forse anche le indagini stesse.
Si cerca di ritirare fuori dai cassetti, colmi di scheletri ad personam, quella legge sulle intercettazioni che fu fatta naufragare a furor di popolo e per il no decisivo di Fini e di Napolitano.
Quella dell’arma segreta è una classica sindrome delle dittature agli sgoccioli. Hitler ne favoleggiava con Mussolini mentre entrambi avevano già un piede nella fossa.
Berlusconi più che a un dittatore somiglia a un boss, e la cupa tragedia del nazifascismo non ha niente a che vedere con i fondali di cartapesta dell’attuale avanspettacolo messo in scena da flaccidi vecchi e girls a pagamento. Purtuttavia, fa un po’ ridere che il premier, adesso imputato per concussione e prostituzione minorile cerchi di muoversi con la solennità di un perseguitato.
Annuncia la “guerra totale” contro i magistrati e straparla di risarcimenti che lo Stato dovrebbe versargli per l’onta subita.
Imperdibile il siparietto di Palazzo Chigi.
Una conferenza stampa convocata per comunicare il nulla, ovvero la propria esistenza in vita con stuoli di ministri incatenati alle sedie con simpatiche facce da funerale. Strepitosa la fuga di Tremonti, forse uno dei pochi che abbia conservato rispetto per se stesso.
Per non parlare dei 315 deputati della maggioranza costretti a votare la più grande boiata che si ricordi, quella di un premier che chiede alla Questura di Milano di lasciare andare la minorenne Rubacuori per evitare una crisi diplomatica con l’Egitto.
Non meraviglia che plotoni di uomini di governo (si fa per dire) e di parlamentari recitino a menadito questa barzelletta.
Sanno che se crolla il padrone crolleranno con lui, e addio poltrone, prebende, scorte, auto blu e “seratine elettrizzanti con giochini a due e a tre” (la povera Sara Tommasi).
Quanto all’arma segreta sulle intercettazioni, se anche oserà sganciarla sul Paese con apposito decreto, osiamo sperare che al Quirinale ne abbiano piene le tasche e la respingano al mittente. Ma se anche l’ultima porcata dovesse passare, il Fatto continuerà a pubblicare tutto, ma proprio tutto.
Convinti come siamo che simili norme siano non solo incostituzionali, ma anche contrarie alla Convenzione europea sui Diritti dell’Uomo che tutela il dovere dei giornalisti a informare e il diritto dei cittadini a sapere. Per colpa di un premier irresponsabile l’Italia rischia di scivolare in una vera emergenza democratica.
Il ruolo della libera stampa diventa più indispensabile che mai. Prepariamoci.
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Trapelano dalle segrete stanze di Palazzo Grazioli, frequentate a giorni alterni da escort e ministri (ieri toccava ai ministri), progetti di stampo golpista per bloccare la pubblicazione degli atti sull’inchiesta Ruby depositate dalla Procura di Milano, e forse anche le indagini stesse.
Si cerca di ritirare fuori dai cassetti, colmi di scheletri ad personam, quella legge sulle intercettazioni che fu fatta naufragare a furor di popolo e per il no decisivo di Fini e di Napolitano.
Quella dell’arma segreta è una classica sindrome delle dittature agli sgoccioli.
Hitler ne favoleggiava con Mussolini mentre entrambi avevano già un piede nella fossa. Berlusconi più che a un dittatore somiglia a un boss, e la cupa tragedia del nazifascismo non ha niente a che vedere con i fondali di cartapesta dell’attuale avanspettacolo messo in scena da flaccidi vecchi e girls a pagamento.
Purtuttavia, fa un po’ ridere che il premier, adesso imputato per concussione e prostituzione minorile cerchi di muoversi con la solennità di un perseguitato. Annuncia la “guerra totale” contro i magistrati e straparla di risarcimenti che lo Stato dovrebbe versargli per l’onta subita.
Imperdibile il siparietto di Palazzo Chigi. Una conferenza stampa convocata
per comunicare il nulla, ovvero la propria esistenza in vita con stuoli di ministri incatenati alle sedie con simpatiche facce da funerale.
Strepitosa la fuga di Tremonti, forse uno dei pochi che abbia conservato rispetto per se stesso. Per non parlare dei 315 deputati della maggioranza costretti a votare la più grande boiata che si ricordi, quella di un premier che chiede alla Questura di Milano di lasciare andare la minorenne Rubacuori per evitare una crisi diplomatica con l’Egitto.
Non meraviglia che plotoni di uomini di governo (si fa per dire) e di parlamentari recitino a menadito questa barzelletta.
Sanno che se crolla il padrone crolleranno con lui, e addio poltrone, prebende, scorte, auto blu e “seratine elettrizzanti con giochini a due e a tre” (la povera Sara Tommasi).
Quanto all’arma segreta sulle intercettazioni, se anche oserà sganciarla sul Paese con apposito decreto, osiamo sperare che al Quirinale ne abbiano piene le tasche e la respingano al mittente. Ma se anche l’ultima porcata dovesse passare, il Fatto continuerà a pubblicare tutto, ma proprio tutto.
Convinti come siamo che simili norme siano non solo incostituzionali, ma anche contrarie alla Convenzione europea sui Diritti dell’Uomo che tutela il dovere dei giornalisti a informare e il diritto dei cittadini a sapere.
Per colpa di un premier irresponsabile l’Italia rischia di scivolare in una vera emergenza democratica. Il ruolo della libera stampa diventa più indispensabile che mai. Prepariamoci.

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