sabato 13 novembre 2010

un poema silvico......datato 2004

LA SILVIADE

di Lino Lampis

INVOCAZIONE ALLA MUSA

Mantieni, grande spirto di Calliope,
alto lo stile de lo mio rimare
ch’anco sia chiara pure per un miope
la storia che m’accingo a raccontare.
Che intesa sia dal russo e dall’etiope,
dai fiordi di Norvegia all’austro mare.
Qui conterò le gesta senza pari
d’un prode cavaliere brianzolo
che in vita sua condusse i propri affari
non senza che in alcun vi fosse dolo.
Perciò fu noto in tutti sette i mari,
dal golfo del Bengala fino al Polo.
Principierò col dir di sua nascenza
cui sovrintese il dio co’ ai piedi l’ali
che impresse al nascituro propria essenza,
fornendolo di doti senza uguali,
e di princìpi che, da buona lenza,
lo renderanno noto tra i mortali.





LA PRENASCENZA
Si tenne nell’Olimpo gran consesso
di tutti i divi a evader la domanda
di un brianzol che avendo fatto sesso
colà spedito aveva la commanda.
Trattatasi d’un Luigi da Milano
della Rasini uomo di gran vanto
che se di Rosa avesse preso l’ano
l’avrebbe presa dietro lei soltanto
e non l’Italia dalle Alpi al piano.
Comunque il guaio ormai era accaduto
e por riparo bisognava tosto;
Giove pluvio ch’era lì seduto
Tuonò potente:- Metto tutto a posto,
a me del fango ! E, lesto qual pennuto,
darogli vita il mese dopo agosto.

Ma Diana che tornava dalla caccia
ed era stata in giro nei dintorni
disse:- Di fango ve n’è punto traccia
chè qui non piove ormai da cento giorni !
Rispose Giove, molto scuro in faccia:-
-Di fango per formare sto’ nanetto
ce ne vuol poco, via, non mi s’afferra ?
Vedrete, quando poi sarà grandetto
ne produrrà a quintali sulla Terra:

Mercurio ch’era intento a scaccolare
palline dal suo naso paonazzo
e fino allora non osò parlare
Disse:- ahò, per fare sto ragazzo
ce vole er Dio tra i ladri senz’eguale

Mo’ me ce metto e faccio in tre minuti
un pupo veramente eccezionale.
Lo fornirò di tutti gli attributi
che ci hanno quelli fuori dal normale.
Tutti gli dei sorrisero sornioni
guardando il Dio Mercurio che creava.
Vulcano solo si strinse li coglioni
perché sapeva quel che ci aspettava.

La caccola plasmata da Mercurio
divenne per incanto un bell’ometto
un poco più bassino di Don Lurio
ma non così dotato nel balletto.
Ad un solenne gesto del dio Giove
muti, gli dei si fecero da parte
poiché Mercurio aveva, senza prove
creato la sua grande opera d’arte.
Fu Venere la sola che, sdegnata,
parlare osò fissando dritto Marte:-
Non c’entro nulla co’ sta gran cagata,
creata in gran dispregio di bellezza.
Che scritto sia su carta già bollata:
non v’è mio contributo a ‘sta sconcezza !
Disse e con un turbinìo di veli
ruotò mostrando ciò che i maschi infoia.



A Marte si rizzaro tutti i peli
poiché dal tempo della guerra a Troia
non più rivisto aveva i sette cieli.
-‘Sta Venere è sì bona, mondo boia
ch’ecciterebbe pure Paolo Mieli!
Fu Giove a ricondurre l’attenzione
sull’opra che Mercurio avea creato.
“Bisogna dare un nome al pargolone
pria che l’Olimpo l’abbia consegnato,
ci vuole un nome adatto all’occasione
chè sulla Terra a molto è destinato !”
Minerva disse.- Dante può andar bene ?
Come colui che scrisse la Commedia ?
-Un nome ancor più adatto si conviene,
fece Giunon dall’alto di sua sedia.
Cesare, dei “delitti e delle pene “?
Oppure Silvio, delle “ mie prigioni “,
propose Diana che non era scema.
Va bene Silvio ! Disse il dio de’tuoni,
con la galera siamo giusto in tema.
E fu deciso Silvio si chiamasse.

Poiché mancava un mese al ventinove
Mercurio in sua magion seco lo trasse
per insegnargli come ci si muove
per navigar nel mare delle tasse.

Per bene gli spiegò per tutto il mese
come imbonir di genti grandi masse,
come truccar bilanci delle imprese.
Insomma, tutti i trucchi del mestiere
utili assai nel nostro Bel Paese
dove chi ruba è fatto cavaliere.
Così Silvio che stupido non era
apprese in poco tempo bene l’arte
d’agire scaltro come astuta fera
che leva agli altri de’ boccon gran parte,
lasciando la carcassa tutta intera
solo cogli ossi ben spolpati ad arte.


GLORIA IN EXCELSIS EI

Era settembre di quel trentasei
quando in Ispagna c’era già la guerra,
che Giove disse a tutti gli altri Dei:-
Il ventinove sia spedito in Terra !
Così parlò il grande dio dei tuoni
e tutti gli dovettero obbedire,
ma si levarō Silvio dai coglioni
felici, senza verbo proferire.
La notte una cometa accese il cielo
a rischiarare agli uomini il cammino
ed i pastori con appresso il pelo
corsero tutti verso quel bambino.
Solo i re Magi pur col loro zelo
decisero di muoversi al mattino
Convennero a Milano quella notte
il bue paziente e l’umile asinello.
Cercavan dappertutto delle grotte
ove indifeso stesse il bambinello.
Vagaron sì d’avere l’ossa rotte
inutilmente in cerca dell’ostello.
Ma finalmente scorsero una via
illuminata più che da lampioni:
V’era una casa lì in periferia
con una targa “Luigi Berlusconi”.
Nell’andito in luogo dei pastori
cento avvocati e dei commercialisti,
lì convenuti per aver favori.


Stupende gnocche ed aspiranti artisti
erano giunti come ad un raduno,
enorme come non se n’è mai visti,
per essere nel cast d’Italia Uno.
Il bue all’asinello esterrefatto:-
ma non v’è grotta, è un appartamento !
ma guarda un po’, non sono mica matto,
che soffio a fare, c’è il riscaldamento …
mi pare questo fatto già vissuto..
Altra storia- fu d’asinel commento,
-qui c’è altra stoffa, ben altro tessuto !
Luigi daccanto, con la mamma Rosa
miravano il fanciullo nella cuna,
brillava in cielo più d’ogni altra cosa
una ridente, bianca, piena luna.
Poi Luigi disse a lei:- Mia dolce sposa,
che culo abbiamo avuto, che fortuna!
Dei giorni appresso giunsero in balilla
con ruote bianche ed il tettuccio azzurro,
con della birra e pacchi di Barilla,
Emilio Fede, Gaspare e Zuzzurro.

Poi che le lor presenze eran predette
v’era pei magi dunque grande attesa,
Zuzzurro per le belle barzellette
Emilio Fede per la lingua tesa.
Tant’è che appena il bimbo si sporcava
e Pampers non ancor s’era inventati
repente a testa china gli leccava
dell’ano tutti quanti i residuati.
Ma Emilio era devoto ed incurante
di merda ingurgitar qualche quintale,
avrebbe avuto incarico importante
di direttore del telegiornale.

Poi vennero alla culla del neonato
dei personaggi assai di molto seri,
a reclamar per sè alto mandato,
Dell’Utri, Previti e Confalonieri.
Galliani giunse dopo, trafelato
chè avea cercato invano Bobo Vieri.
La cerchia degli amici era formata,
quasi al completo ch’era primavera,
mancava Mangano alla cordata
chè aveva da scontare ancor galera.
Sarebbe poi venuto da Palermo
portando un puledrino e doni vari.

LA SCUOLA

A ottobre di sei anni dopo esatti
Silvio fu iscritto alle elementari.
Qui principiò da subito i baratti
con i maestri e tutti gli scolari:
Avea inventato, più furbo di Pol Pot
a inframezzar le ore di lezione
con mezz’oretta buona di suoi spot:
le merendine della colazione
le barattava con assegni e Bot.
Faceva propaganda per se stesso
-Votate Berlusconi capoclasse !-
Chè già d’allor non era certo fesso
ed imbonir sapeva già le masse.
Appese nelle aule e fuori pure
dei manifesti fatti per la gente
“ Un solo impegno: niente bocciature,
tutti promossi nessun ripetente !”
Promise d’innalzare le paghette
d’ogni bimbo che fosse un po’ indigente.
a un minimo di dodici lirette
con un provvedimento molto urgente.
“Meno temi per tutti gli scolari,
non più problemi a sette operazioni..
chè sian risolti pure dai somari.
Emilio Fede poi per due soldini
leggeva ad alta voce sul corriere
le grandi gesta di quel Mussolini
anch’egli nominato cavaliere.


Nell’ascoltare Silvio era commosso
chè già lui paventava gran periglio
di decision, ma guarda il paradosso,
funesta per Benito, del Consiglio.
Avea quasi sett’anni il Berluschino
la notte in cui il Grandi e Galeazzo
convinsero i gerarchi in modo fino
che il predappiano aveva rotto il cazzo.
E fu deciso dunque che quel duce
che aveva l’alleanza al Fhurer stretta
patito presto avrebbe fine truce
appeso per i piedi con Claretta.
Sapeva questo fatto in modo certo

Silvietto che vedeva nel futuro
e tutto il disse a un tal di nome Umberto
che pria divenne in viso molto scuro
ma poi rispose con accento aperto:-
A noi non tocca chè l’abbiamo duro.
Noi ci si bagna tutti all’alta fonte
del Po che nasce fresco dal Monviso
ed a Pontida ci ho le leggi pronte
perchè questo paese sia diviso.
E Silvio allor baciollo sulla fronte
facendo a brutto gioco buono viso.
Ma poi gli disse forte:- Mi consenta,
è presto per parlar di secessioni;
voi tutti gran mangioni di polenta
piano con le cazzate, state buoni
la secession sarà una cosa lenta
non principiate a rompere i coglioni!
Vedrete che fra un po’ vi s’accontenta.
Il dialogo fu udito da un tal Bruno
con un gran neo, dall’aria più che smorta
che disse:-Quando ci sarà Rai Uno
io questi due l’invito a Porta a Porta.
Il Bossi per lo stile del linguaggio,
il piccoletto per quell’aria accorta
di chi stipula patti verso maggio.

LA LAUREA E IL MONDO DEL LAVORO

Fattosi grande, finito il liceo
s’iscrisse tosto a giurisprudenza
perché se mai si fosse reso reo
meglio in tal campo avere competenza.
Poi fece le crociere anche al Pireo
cantando nella lingua di Provenza.
Suonava il basso per i passeggeri
di grandi navi in giro per il mare
nell’orchestrina di Confalonieri
Fedele grande amico da serbare
cui dopo affiderà compiti seri
nel gran marasma del suo bel daffare.
Dopo la laurea che meritò l’alloro
con tesi inerente la giustizia,
gettossi a capofitto nel lavoro
nel produttivo campo d’edilizia.
Ma fu chiamato a visita di leva
perchè la patria in armi lui servisse.

Col fisico rachitico che aveva
si presentò al distretto e quivi disse:-
-Sergente, mi consenta, non afferra
che non posseggo fisico da touche ?
Non sono il tipo adatto per la guerra,
per la qual arte c’è l’amico Bush,
Per altri scopi sono sulla Terra
vedrà, ne parlerà anche Lelouche.
Così il sergente preso a commozione
per il valor di ciò che avea ascoltato
non perse certamente l’occasione
di rispedirlo a casa congedato.

La patria fin d’allora gli fu grata
poichè non ebbe militar contratto,
ma ve l’immaginate voi in parata
che razza di figura avrebbe fatto ?
Sfilando con Gasparri e con Marzano,
con Vito e Giovanardi a passo lieve,
la gente avrebbe detto.-Ma che strano,
com’è che manca solo Biancaneve ?
Comunque Silvio non fu militare
per fatti che risultan esser scuri.
Non è che di già avesse per compare
alcun di quei che cantan Sciuri Sciuri ?

Pur senza possedere una palanca
divenne costruttor di palazzini
chè li denari li ebbe dalla banca
ove suo padre stava: la Rasini.
Però l’impiegò bene, a destra e manca
per fare appartamenti e sgabuzzini.
Con Rezzonico fece comunione
in una società di costruzioni
fu Edilnord la denominazione
voluta dal maestro dei furboni
che offriva lì a Brugherio l’occasione
d’una città modello per coglioni,
pur fatta con perizia e raziocinio,
con palazzine alte a linee snelle
ma non vendette neanche un condominio
e i debiti salirono alle stelle.
Poi dopo nel sessantanove,
un numero che a Silvio porta bene
piazzò mille casette tutte nuove
a un prezzo giusto, come si conviene.

Le somme del guadagno, accantonate,
pur non essendo in vero tutte sue
le destinò ai terreni di Segrate
ove intendea costruir Milano Due.
In verità i terreni valean nulla.
Far zolle per patate loro funzione
o di carote e verza calda culla;
ma poi mutossi lor destinazione
e salì il prezzo molto in un nonnulla.
Per far de’ soldi gran palate
è questo il modo giusto ch’egli adotta:
qualcuno che gli levi le patate
bollenti da una pentola che scotta.
Così son numerose le sue entrate
come le finte in corsa di Zambrotta.
che palla spinge a forza di pedate.

LA FAMIGLIA E LA NUOVA CASA

A nozze convolò con donna Elvira
di razza genovese molto pura
alla qual disse:- Fino a che mi tira
facciamolo perchè non so se dura !
ed ella calda come ramo in pira:-
L’uccello, amore è come il capitale
che cresce proprio quando tu lo muovi,
se il tieni fermo resta tale e quale
o caso mai più picciol lo ritrovi.
Usalo amor, non aspettar Natale,
fammi sentire dei piaceri nuovi
fammi veder davvero quanto vale!
Udita la lezion di economia
Silvio ci dette come un forte bove
e vennero per prima la Maria
e poi Piersilvio nel sessantanove.
Ora serviva per dar lustro al nome
di grande sfarzo e lusso una magione
ma ci pensò e riesco a dirvi come
il suo fidato socio Cesarone.

Il Previti, tutore, aveva in mano
la villa ed i terreni dei Casati
ad Arcore non lungi da Milano,
di quattro e più chilometri quadrati.
Ma essendone l’erede una bambina
per forza ingenua, fatemelo dire,
il Previti con arte sopraffina
la strinse bene dentro le sue spire
e la gran villa con l’area che confina
vendette a Silvio poi per poche lire.

L’EROS

Conobbe poi Veronica, biondina
che recitava con le poppe al vento;
a tal veder sua mente fu sconvolta.
Si dichiarò, le dette appuntamento,
e come lei al suo voler fu volta
lui la celò in un appartamento,
nel quale si recava ogni qualvolta
prurigine di sesso lo prendeva.
Entrato, le diceva:-Senti amore,
ho tanta sete, mostrami la “cueva”!
Poi si sfilava il boxer tricolore
mostrando una cannetta striminzita.
Lei che pazienza possedeva assai
prendeva la cosina tra le dita
chiedendo, dopo un’ora, come mai
ancora non si fosse inturgidita.
“La pastiglietta blu, ora mi dai,
vedrai succederà cosa gradita!

Infatti dopo un po’ dall’assunzione
di tale portentosa pastiglietta
gli si gonfiava il collo ed il capone
e la sua testa stava ben eretta.
Pare che la pastiglia nell’azione
avesse preso strada più diretta.
Comunque dopo un tal manipolare
la “cosa” prese quella consistenza
d’un’oloturia del profondo mare
che spinger bisognava con prudenza.
Dieci secondi e già l’avea levata
che avea ripreso solita pendenza.
Allora lei, tutt’altro che saziata
da quell’amplesso più che mai ristretto
diceva a lui con aria assai indignata:-

Ma senti tu, amore mio diletto,
se questa a tuo giudizio è una scopata,
sappi: sei più veloce del Folletto!
Allora Silvio, punto nell’orgoglio
facea spuntare con acuto ingegno
l’arma segreta, ovvero il portafoglio
di grossi bigliettoni sempre pregno.
Così placava con meschino imbroglio
la sete dell’amor con un assegno.
Naturalmente con la propria moglie
tutto filava come niente fosse,
ben eludendo sempre le sue voglie
con dei trucchetti e delle astute mosse.
Finchè l’Elvira non gli disse:- Basta !
Possibile che più non ti s’arrizzi ?
Io me ne torno al giro di canasta
con la compagna di Fabrizio Frizzi.
Ho l’acqua che mi bolle e tu la pasta
non versi per paura degli schizzi.
Se star con me ti pare idea nefasta
sparisci fino a quando non t’attizzzi !

Ma Silvio che non era il tipo fatto
per farsi comandar con la bacchetta,
compreso del discorso il senso esatto
le disse:- Mi consenta mia diletta
si cerchi un altro uomo a lei più adatto
perchè pur io ho un’altra che mi aspetta.
Facciamo che a partire da domani
la nostra bella unione sia finita!
Lei pianse un po’ poi si sfregò le mani,
riempì la sua valigia preferita
e se ne andò lasciando porci e cani,
felice verso meta più gradita.

L’ASCESA AL POTERE
Col prosperare delle costruzioni
i capitali crebbero parecchio:
or bisognava far televisioni
chè Silvio per gli affari aveva orecchio.
Un turbinio d’affari molto vari
condusse poi in maniera concitata:
televisioni e gruppi finanziari
la Standa e del Giornal carta stampata.
Insomma dei miliardi a profusione
che piovon come l’acqua sul bagnato
anche se, per averli fu massone
poi che Gervaso l’ebbe presentato.

Ma il colpo gobbo fu il mandare in onda
le reti sue in tutta la nazione.
Non si poteva ma ci fu la fronda
del suo compare Craxi gran birbone.
Gli offrì Mammì su un bel piatto d’argento
le legge che salvava le sue reti.
Del fatto certo Silvio fu contento
chè n’ebbe dei vantaggi assai concreti.
Poi quando tangentopoli fu mossa
creando tre i politici scompiglio
al Cavalier tremaron tutte l’ossa
chè scongiurar doveva gran periglio.
Pensava tutti i giorni con terrore
al magistrato dalla toga rossa
che prima o poi in quel di San Vittore
volea spedirlo con astuta mossa.

Ma Silvio, scaltro più d’una faina
ne uscì pulito o quasi dai processi,
felice, con quell’aria birichina
d’aver i magistrati fatto fessi.
M’altri processi poi per lui s’aprirō,
nuove denunce, altre citazioni
per cui Berlusca disse:-Me tapiro,
qui mi si leva pure i pantaloni!
Bisogna che m’inventi qualche tiro
un po’ mancino prima che sia sera
chè non vorrei finire dentro il giro
di quei che albergo trovano in galera
Spremette sue meningi con furore
in cerca dell’idea che gli evitasse
a lui di visitare San Vittore,
a’ suoi denari di finire in tasse.

Ma conscio di costume già assodato
che nel paese caro a Garibaldi
si paga sol se piccolo è il reato
e trovan scampo i veri maramaldi
pensò di divenire deputato.
sì da risolver propria situazione.
Indisse quindi per la contingenza
co’ suoi amici una gran riunione
che avesse di politica parvenza
e valutasse bene la questione.
“Bisogna qui pensare con prudenza
ad un partito di nuova concezione,
diverso ben da quelli ch’han finito
col dare ai loro capi scacco matto.

Niente garofano ormai appassito
nè scudo con la croce ch’è disfatto.
Allor parlò deciso Gianni Letta
con quella voce che uditor ammalia
:-L’idea mi venne in tutta fretta
pensando a quel che urlava la mia balia
e a ciò che la passione mia mi detta:
perchè non lo chiamiamo Forza Italia ?
Raccoglierà gli adepti tra i tifosi
affezionati al gioco del pallone.
Imprenditori, artisti già famosi,
sarti, acconciatori di salone
professionisti molto facoltosi
e legnaioli bravi a far carbone.
Poi conterrà nel suo capace sacco
molti scontenti, tanti derelitti,
color che fino a oggi ebbero scacco
e accampano per sè giusti diritti.

Barboni, preti e amanti del Dio Bacco
ed i modelli di Palazzo Pitti.
Insomma diverrà quel calderone
di contener capace più nature
quale marmitta che nel minestrone
contiene tanti tipi di verdure
e tanto tempo sta in ebollizione
da render sfatte anche le più dure.
“D’accordo- fece Silvio, son contento.
Mi piace il nome, bella la bandiera,
mi riuscirà d’andare in parlamento
prima che il mane mi diventi sera?
Cancella, disse Letta il tuo tormento,
ti riuscirà di Marzo, a primavera.
Dell’Utri che distratto, al cellulare
mandava dei messaggi alla sua fiamma
capì in ritardo e poi si mise a urlare:
-Nessuno qui ha parlato di programma,
qualcuno me lo vuole un po’ spiegare ?
Eccolo ! disse Silvio- non far dramma.
Le nostre tre emittenti da domani
comincino col darsi un bel daffare
in modo da convincer porci e cani
qual è il partito che s’ha da votare
e i piemontesi, umbri e siciliani
lì dentro al seggio sappiano che
Usate i soldi miei senza problema,
forzate i toni fino al parossismo
per contrastare Massimo D’Alema
e li seguaci suoi nel comunismo.

Contate balle senza alcun patema
per fare a Bertinotti ostruzionismo.
Così che Silvio vincitore sia

d’italica contesa elettorale
per poi parare alla democrazia
di prima classe degno funerale,
perchè l’idea diversa dalla mia
seguir non possa uomo nè animale.
E dopo questo saggio d’arroganza
fatto dal prence del comunicare
un tal, il più vetusto nella stanza
diritto si levò e osò parlare.-
S’ancor memoria reggemi abbastanza
mi par storia gemella rammentare..
“Non pensi cavaliere e non s’illuda
di por bavaglio all’italiana gente
o dargli museruola che ne chiuda
funzione principale del suo dente.

A tal pensiero la mia fronte suda
e l’animo ne trema fortemente.
Degli anni bui il ricordo è ancora vivo
chè troppo grande fu la sofferenza
d’un popolo che pur se mite e schivo
e noto solo per la sua indolenza
decise di formare in modo attivo
una tenace, forte resistenza.”
Disse- e sullo scranno si sedette.
Che dici? Disse Silvio inviperito.
Le tue non son che ciance maledette.
Taciti, vecchio incartapecorito !
Qui non abbiamo fasci e baionette
nè sogni d’un impero che fu ito.
Vogliamo dare al popol sicurezza
d’un bel domani sempre più sereno
da cui sparisca tosto la sconcezza
del comunismo e suo mortal veleno
per un’Italia ch’abbia la certezza
di libertà gustare in modo pieno.
Disse e concluse poi dicendo:- Giuro !
E il tale dalle molte primavere
che ancora brancolava nell’oscuro
gli disse:-Mi perdoni cavaliere
se il senso del discorso ancor m’è duro.
Le voglio creder ma starò a vedere.
Per vincere di certo le elezioni
fu necessario trovar gli alleati
che avessero precise le intenzioni
di stare sulla destra ben schierati,
ma soprattutto che fossero boni
novanta gradi in giuso a star piegati.


Lui li trovò nel gruppo di Casini
da sempre antagonisti de li rossi
ed i seguaci di Gianfranco Fini
ancora dal ventennio un po’ commossi,
poi quei che il verde tinge i camicini
vennero da Pontida con il Bossi.
Pareva un’accozzaglia di cialtroni
con poca speme d’acquisire gloria
ma la sinistra con i suoi furboni
concluse i giochi poi con tanta boria
da regalare a Silvio Berlusconi
a Marzo certa palma di vittoria.

Il fatto per l’Italia fu epocale.
Non fu mai scritto su nessun quaderno
che un ricco imprenditore al Quirinale
salisse per formare un suo governo.
Ma Silvio vi riuscì e fu normale
che tutti si pregasse il Padreterno.

LE GRANDI ESTERNAZIONI

Tu Amore pieno sempiterno
che non fai cosa che non sia la giusta,
come permetti che “sto bel governo
condotto sia da certa filibusta ?
Si tratta di una manica di fessi
ridotti all’obbedienza con la frusta
da un tale in gran conflitto d’interessi
che spara le cazzate e poi le aggiusta
e dice sempre:- M’hanno frainteso
non ha capito,ch’ha corta la vista,
delle mie frasi tutto il giusto peso
la gente c’ancor vota comunista !
Come quel giorno che di Mussolini
disse trattarsi infin d’un buon cristiano.
Mi pare, o non ha letto mai lo Spini
o lo studiar la storia gli fu vano.
Secondo Silvio aveva un’agenzia
di viaggi organizzati per turismo
e dava dei biglietti a gente ria
che ce l’avesse un poco col fascismo;
e quindi la mandava su al confino
a ritemprarsi bene l’organismo.
Chi azzarda contestare Berluschino
non ha’idea del vero socialismo.
Ma non ricorda Silvio che le facce
Di Matteotti ed altri dissidenti
sparirono per mano di squadracce
formate da fascisti delinquenti
che dietro sè celavano le tracce
dell’ordine venuto dai potenti ?
Non si sovviene di tutti quegli ebrei
stipati in treni che non fan ritorno,
e di nessuna colpa certo rei
che dritti poi finivano nel forno?
Non ha memoria questo signorotto
che siede con i grandi del gisette
dei miseri che in quel di Marzabotto
finiron dai nazisti fatti a fette ?

Ma non rammenta l’unto del Signore
la guerra dichiarata da Benito
che morte generò con tanto orrore
e ci ridusse tutti a mal partito ?

I GRANDI FLOP

Così il Signore un poco gli fu dietro
del suo cammin seguendone la via
ma un giorno un buon collega di Di Pietro
l’avviso gli spedì di garanzia
che rese Berlusconi tanto tetro
ed incazzato per la porcheria.
Trattavasi d’un fatto di finanza,
quella vera, che porta le stellette,
a cui avrebbe Silvio di brianza
offerto mastodontiche mazzette
per evitar in qualche circostanza
controlli a società da lui dirette.
Naturalmente ciò non era vero
come dimostrerà l’assoluzione.
Ma la figura dianzi il mondo intero,
fatta nel vivo di global riunione
rese l’umor di Sivio tanto nero
che lo condusse a forte depressione.

La fragile catena d’alleanza
creata ad argine del comunismo
allor si ruppe per l’intemperanza
d’Umberto Bossi con i suoi leghisti
che non voleva proseguire a oltranza
la strada con il capo dei forzisti.
Era d’estate, c’era il solleone
quando fu posta fiducia al governo
che cadde per mutata posizione
di deputati degni dell’inferno,
così da provocare un ribaltone
che non potè impedire il Padreterno.
Fu grave per Silvietto questo smacco





subìto al principiar del suo mandato;
poichè fu Bossi a preparargli il pacco
giurò che si sarebbe vendicato.
“Se il prendo lo sistemo dentro un sacco
e ve lo tengo dentro ben legato! “
Altra sconfitta l’ebbe poco appresso
nel contrastar di Prodi l’elezione;
e poi che fu da questi fatto fesso
costretto si trovò all’opposizione.
Da qui studiò la nuova arrampicata
per il governo prossimo venturo.

LA RICONQUISTA DEL POTERE

Un libro dove c’era raccontata
l’irreprensibil vita d’uomo puro
spedì per posta a ciascun italiano
e appese manifesti su ogni muro
col suo faccione sempre in primo piano
e motti concernenti il proprio impegno.
Fu la sinistra a tendergli la mano
col suo comportamento poco degno
d’un buon governo serio e coscienzioso.
E Bertinotti a principiar la guerra
che mise Prodi per un po’ a riposo
e la sinistra con il culo a terra.

Da lì per Silvio solo un bel giochino
la nuova ascesa diretta al potere,
reimpadronirsi del giocattolino
che più di cento orgasmi il fa godere.
Poi Maggio gli portò con l’elezioni
schiacciante la vittoria su Rutelli.
Qui principiò le tante buone azioni
tutte dirette a far barba e capelli
verso il “bon ton” e alle istituzioni,
legiferando a metter dei puntelli
a salvaguardia de li suoi soldoni,
ad evitar dei giudici gli appelli.
Fin tanto che non era ancora giunto
a governar nel pieno dei poteri
ho qui narrato di sua vita un sunto
con storie fantasiose e fatti veri.
Molto celiai ch’al tipo s’addiceva,
come s’evince dalla storia mia.

Poi quando del comando prese leva
e indirizzò la barca per la via
che mena sol di convenienza al calle
mettendo a rischio la democrazia,
allora mi si girano le palle
sì tanto da finir la biografia.

Ch’avrei peraltro ancora da celiare
su delle leggi che sono sconcezze
varate solamente per celare
la verità su molte nefandezze?

Li fatti non consenton di scherzare
chè il cor m’è mosso da impetuose brezze.
Poi che di vita altrui ho gran rispetto
di Silvio non desidero la morte
m’ancor cent’anni sempre in doppiopetto
fino al giudizio di ben altra corte.

Col cor compunto allor mi genufletto
ed alzo al cielo una preghiera forte.

Tu Madre Santa, dolce, generosa,
Tu che fattrice sei del tuo Fattore,
Tu che nel contempo sei la Madre e Sposa
di Chi dal buio generò chiarore,
Tu del giardino la più bella rosa
cui pari è di beltate il Primo Amore,
Concedi a Forza Italia questa cosa:
Per sempre questa frase ci risuoni
m’ancor se detta fosse in parlamento,
urlata da Schifani a forti toni
riprenda il suo valor d’incitamento
dei giochi nel cimento tra nazioni

Tu che seduta stai vicino ai santi,
ti prego fai pressione sul Signore
perchè ci privi dei farneticanti.
Confina Umberto Bossi su a Pontida
perchè con Apicella suoni e canti
ma niun quaggiù ne senta più le strida.
Tremonti puoi usarlo da trivella
per pozzi e carotaggi sù a Belluno.
Tu dagli un po’ di tempo e ti scodella
dei buchi come non li fa nessuno.

Rimetti Buttiglione a meditare
sull’opre di Cartesio e Anassimène.
Pisanu ch’altro proprio non sa fare
conduca le sue greggi all’Ortobene.
Riporta la Moratti un poco a scuola,
così ne studia ben la situazione
perchè non ci propini più la “sola”
di fatiscente sperimentazione.
A tutti quelli che con Silvio stanno
d’intelligenza donagli barlume
chè non producano ulteriore danno
com’è finora stato lor costume.
Mettili a lavorare tutto l’anno
se vuoi, per strada, a spargere bitume!


Emilio Fede no, non lo toccare,
lascialo pure al suo telegiornale,
perchè di riso faccia scompisciare
chi guarda per diletto quel canale.
Così che il riso riesca un po’ a stemprare
l’incazzamento per cotanto male.
Per ultimo t’affido Berlusconi.

Che lunga vita Dio gli possa dare
col guadagnar milioni di milioni
e ancora assai più ricco diventare,
purchè si levi tosto dai coglioni
e lasci spazio a chi sa governare.

Lino, 2004

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